Il compleanno di Salvatore Antibo

Da piccolo era gracilino, tanto che i medici lo avevano sconsigliato di fare sport. Salvatore Totò Antibo, nativo di Altofonte, vicino a Palermo. Un tecnico, Gaspare Polizzi, intuisce il grande talento. In sicilia i primi anni ottanta sono anni nei quali crescono atleti di valore nazionale come i gemelli Selvaggio, Michele Cinà. Il ragazzino magro inizia a vincere campionati  studenteschi, a collezionare le maglie della Nazionale. E' convocato per l'Olimpiade di Los Angeles, dove un peccato di inesperienza (mette scarpe nuove proprio in occasione della finale dei 10000 metri) lo estromette dal podio. Due anni dopo è terzo nella mitica finale di Stoccarda, quella vinta da Stefano Mei davanti a Alberto Cova. Ormai Totò è un campione, che si gioca il primo posto nei vari meeting internazionali con assi della caratura del marocchino Khalid Skah, del portoghese Domingos Castro...così a Seul perde per un'inezia l'oro sui 10000 metri, preceduto solo da Brahim Boutayeb. Due anni dopo Salvatore diventa immenso, conquistando oro su 10000 e 5000 agli Europei di Spalato. Sui 25 giri prende subito la testa e vince con distacco quasi ciclistico, drammatico l'epilogo dei 5000, perchè Totò cade in partenza (una gomitata?), poi risale con rabbia verso il gruppo dei primi e li trafigge in volata. Il vero dramma, però, è quello della finale dei Mondiali 1991 a Tokyo, quando la corsa di Antibo si spegne. Polizzi e Salvatore chiariscono che si tratta del "piccolo male", una sorta di obnubilamento della coscienza e dei riflessi motori. E' una mazzata, ma da grande campione risorge e gareggia ancora fino alla fine di una carriera favolosa. Auguri, campione!

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