Italia Germania 4 a 3- seconda e ultima parte

Lo sport, secondo lo scrittore e filosofo Johan Huizinga, realizza uno spazio avulso dalla realtà. Che dura poco. Succede tutto in poco tempo. Gerd Muller, il centravanti del Bayern, ha preso forma verso il quinto minuto del secondo extra tiempo. Riesce a segnare di nuca, con la punta del piede, con il ginocchio. Ma segna. Interviene su una parabola all'apparenza lenta, beffarda, di Uwe Seeler. Anche se il golden boy Gianni Rivera è appostato sul palo, non riesce a intervenire. Tre a tre e palla al centro. A quel punto succede quello che non succederà mai più. Da Gianni Rivera, il "golden boy" alessandrino, a "picchio" De Sisti. Quindi a Gianni Rivera. Che la smista a Giacinto Facchetti, stranamente in ombra fino a quel momento, addirittura messo in crisi dalle discese di Libuda dello Schalke O4. Lancio verso Boninsegna, decisamente in forma quel giorno. Bonimba irride con un dribbling Schulz , scemde sulla fascia sinistra e crossa al centro. La difesa della Germania è destabilizzata. Canto tredici della Divina Commedia , Inferno; "Io (Gianni Rivera, l'abatino, il golden boy) credo ch'ei (Sepp Maier) credette ch'io (Gianni) credesse ch'io scegliessi il sinistro al volo, magari con effetto a uscire (scuola magiara) o collo pieno (forte, ma magari usciva alto sulla traversa...Invece l'artista del pallone sceglie un proletario piatto di destro, un usato sicuro. In quella maniera, il gioco di sguardi di un attimo, di finte, è a favore dell'estro italiano. Goal. 4 a 3. "Vinciamo!", ripete un omino almeno quattro volte. Nel 1982, in finale, ci sarà l'"urlo" di Tardelli. Nel 2006, altra semifinale, Grosso, imbeccato da Andrea Pirlo segna e poi grida "Non ci credo!". Quindi ci sarà la potenza geometrica dello scambio fra Gilardino e Del Pietro. Die a zero per l'Italia a Dortmund, dove la Germania non aveva mai perso. Ma non saranno la stessa cosa del 17 giugno 1970... 

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