Maratona e Ajax- settima parte

"Quando il bambino era bambino,

lanciava contro l'albero un bastone, come fosse una lancia.

E ancora continua a vibrare".

Peter Handke

TRA LA MARATONA E L'AJAX. Londra, aprile 1992. La selezione ligure di maratona fa una capatina al pub. Uno, due, tre boccali di birre. E si continua. Fa gli onori di casa Josh Marshallasy di Weymouth, insegnante di Inglese nel centro di Genova. Impassibile apparentemente, sfodera ogni tanto battute irresistibili. Roberto Porro, Silvano Grasso, Marco Roascio, Abou El Wafa, Roberto Peola,Ernesto Calenda....Si stupiscono che io, considerato un pò tutto casa e pista, regga l'alcool. Barcollando , mi stupisco anch'io.Dobbiamo prendere la metro per tornare all'albergo. Vagone ancora pieno di gente, miscellanea di seriosi uomini d'affari, rasta giamaicani e altro. Grasso si rivolge scherzosamente a un tizio massiccio, profilo da skinhead , che gli risponde non proprio come un gentiluomo di Oxford:"Italy? Shit!". Guardo Silvano dicendogli di non insistere. Poi...poi succede una cosa incredibile. Poi forse Roberto Porro, forse Peola, iniziano a intonare il leggendario canto dei tifosi del Liverpool, di quella curva Kop che mette i brividi a guardarla, un'onda biancorossa di bandiere, sciarpe, maglie:"You'll never walk alone ". "Non camminerete mai da soli". Lo canta la signora che torna dal turno di lavoro, il rasta con le treccine, il business man incravattato, lo skinhead che fino a cinque minuti prima minacciava una rissa. Scommetto che anche l'autista lo sta cantando. Peccato che dobbiamo scendere...Ci applaudono tutti, addirittura lo skin adesso ci abbraccia e dice:"Italy, beautiful friends!". No, non camminerete mai da soli, non cammineremo mai da soli.

 

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