Correre a New York- prima parte

In
una metropoli come New York, che sembra l’antitesi della vita sportiva con le
strade intasate di traffico, con la giungla di grattacieli che limita anche la
vista dei poveri umani, si corre eccome. Ma New York è anche tutto e il contrario
di tutto, dando i natali a scrittori e artisti che, recentemente, hanno
espresso nelle loro opere anche la fisicità di una metropoli fatta di sangue
pulsante, di voglia di muoversi. David Byrne, musicista fondatore dei mitici
Talking Heads, un gruppo rock americano che rivoluzionò il modo di fare musica
alla fine degli anni settanta, descrive bene questo in alcune pagine del suo
libro: “Diari della bicicletta”. Da qualche anno questo “guru” della musica e
delle arti (ha anche lavorato con Bernardo Bertolucci per la realizzazione de
“L’Ultimo Imperatore” vincendo l’Oscar per la migliore colonna sonora) si è
dato al ciclismo su strada. Questo sport per lui è diventato un modo per
osservare la realtà e per scoprire angoli nuovi della Grande Mela. Byrne fa un
parallelo fra podismo e ciclismo in occasione del Five Boro Bike Tour, grande
raduno cicloturistico: “La gente del Queens, di Brooklyn e di Staten Island
piazza dei cartelli in giardino e applaude gli sciami di ciclisti che
sfrecciano davanti a loro, proprio come fanno con i partecipanti della
maratona, solo che in questo tour nessuno gareggia . Nessuno bada a chi arriva
primo”. Insomma, Byrne, considerato agli inizi della carriera come un “nerd”
(in pratica, uno studente secchione e un po’ “sfigato”), sposa la causa della
non competitività. “L’altro giorno volevo andare in bici a Long Island City per
vedere una mostra d’arte, ma era il giorno della maratona di New York e le
piste ciclabili sul ponte di Queensboro erano chiuse (a quanto pare erano state
riservate ai portatori di handicap). Così sono salito con la bici sul
tram/funivia per Roosevelt Island per poi dirigermi verso il manicomio
abbandonato all’estremità meridionale dell’isola posta in mezzo all’East River
. In giro non c’era anima viva. Inquietante”. Inquietante, strano, quasi uno
scenario da dopobomba che si sposerebbe bene con “Psycho killer”, uno dei
motivi più trascinanti dei”Talking”. Ma ancora più strano lo scenario del
postmaratona: “Mi sono fermato per un boccone in un bel bar di Hunters Point
Avenue, osservando le squadre incaricate 
di far pulizia dopo la maratona, che raccoglievano cumuli di bicchieri e
fazzoletti di carta che erano stati offerti ai corridori. Le strade erano di un
giallo acceso per via del Gatorade- sembrava che i maratoneti se la fossero
fatta addosso dopo avere assunto massicce dosi di vitamine. Qualche
ritardatario arrancava e camminava. Mi sono domandato se avrei avuto il
privilegio di scorgere il fanalino di coda della corsa:una vista più rara e
difficile da stabilire con certezza di quella del vincitore”. Uno sguardo
benevolo proprio dalla parte degli