La gara del Trentennio- quarta parte.

Lo sguardo andava verso le tribune in marmo. Quindi saliva su, verso la cabina dei giudici. Quindi, verso il muro delimitante il campo di atletica, con qualche sprazzo d'edera qua e là.Al di là, il mondo. Già, ma quale mondo? Tu, da tempo, eri assente da quel mondo. La torre d'avorio aveva funzionato. Ma non ti sentivi privo di nulla. Anzi, qualsiasi irruzione  era vissuta da te come un fastidio. Ora, Massimo era riuscito a agganciarsi alla ruota di Mariano. Una velleità, certo. Non avrebbe potuto sostenere il ritmo. Intanto si era allontanato da noi due come in una sequenza da film.Io e Marco incollati alla carta moschicida degli ultimi cinque minuti. Quasi abulici, come recitando una parte.Nel frastuono. Man mano che ci avvicinavamo al rettilineo, si creava un rombo. Stefano l'alpinista, quello capace di salire sulle Ande sferzate dal vento della Patagonia, urlava come in preda a uno spasmo: "Forza Dani! Forza Dani!". Decina di cifre lanciate verso di noi: "Uno e quindic! Ultimo tremila in...ultimo duemila in...". Il rombo diventava un urlo al passaggio di Mariano . Anche se non lo vedevo, ne avvertivo la presenza.   

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