La gara del trentennio- Seconda parte
“La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte” (Louis Ferdinand Celine)
Si attraversano delle zone al buio, nei rettilinei. In prossimità delle curve sono posizionati i riflettori che illuminano teste, gambe, canottiere. Dal buio dell’ignoranza alla luce della razionalità scandita dai numeri in una sorta di misticismo urlato: tre e quattordici , l’andatura al chilometro del trio che fa da contorno all’impresa di Mariano:io, Massimo Cugnasco e Marco Petenzi. Siamo a circa metà gara e non ci schiodiamo da quel “pi greco” che fluttua nella mente come un’ossessione. Se cerchi di pensare ad altro, ecco una moltitudine che urla dai quattro angoli del campo, dalle tribune, dagli spazi erbosi, dalle panchine vicine ai lampioni. Già, una volta non c’erano i riflettori. Ci si allenava alle luci fioche dei lampioni e delle luci provenienti dalle strade vicine. Ma stasera la vera gara è quella del pioniere solitario di Garessio, un misto di pacatezza e carica agonistica. “Trenta minuti ai diecimila!- urla lo speaker- siamo in media per i 20 orari”. Dopo la prima mezz’ora il guardarsi all’interno, il pensare ai numeri, inizia a essere interrotto da un calore impensabile, da un vociare pulsante. Villa Gentile è pienissima di gente. Amici, parenti, tecnici, qualcuno scende in pista fin quasi a sfiorarti per comunicarti i passaggi ai 400 m, al chilometro. Mi chiedo quale sia la ragione di tanto entusiasmo. Io sono il re dei sensi di colpa. A ogni colloquio di lavoro, mi chiedevo: “Se mi assumono, riuscirò a avere il tempo per correre?”. Ma oggi la magnifica torre d’avorio rischiava di cadere. Oggi finalmente la gara era quella seria, anche se fatta da un altro, una sorte di immagine luminosa che, almeno già due volte, ti aveva chiesto la prima corsia….. Giuseppe Gerbi, Loris Pimazzoni, Franco Fava, Alessio Faustini, Massimo Magnani, Gianni Poli, Michelangelo Arena, Anelio Bocci…gli unici italiani a avere corso più di 20 km nell’ora su pista….
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