Trent'anni fa il record mondiale dei 10000 m di Arturo Barrios

18 agosto 1989. Voi dove eravate? Arturo Barrios , messicano, era lì, lo sguardo fisso sulla linea di partenza dei 10000 m del Grand Prix di Berlino. Olimpia Stadion. Germania occidentale.Aggettivo che sarebbe caduto definitivamente pochi mesi dopo, in quel novembre che abbattè il muro di una separazione fra un popolo che non si era mai sentito diviso. Di fronte all’avvenimento sociopolitico di tale portata può passare in secondo piano il fatto che si sia trattato dell’ultimo meeting di atletica in una Germania divisa e in un città contrassegnata da un’unicità, ma il meeting fu memorabile. Berlino è Berlino.E’ la città degli angeli di Wim Wenders, che portano a galla mille storie di umanità fra gli incubi dei bombardamenti del Conflitto Mondiale e la voglia di vivere nonostante le macerie; la città dei Mondiali di calcio 1974, quando gli occidentali bianconeri con Breitner, Beckenbauer e Gerd Muller subiscono l’ onta della sconfitta dai cugini biancoblu della Ddr con il simbolo del compasso. Segna Sparwasser aggiustandosi con il mento (!) la sfera prima di scagliarla nella rete dell’esterrefatto Sepp Maier. La cosa più bella del match è l’applauso  finale, collettivo, rivolto a tutti dal pubblico in piedi con voglia di unità fra i popoli. E’ la Berlino delle spie nei romanzi di Le Carrè, della Vopos ,la polizia di frontiera  che controlla le fughe verso il presunto Paradiso dell’ovest….ma noi torniamo sulla starting line dei fatidici 25 giri. “Faccia da azteco”, lo dipingono così gli esteti dell’atletica: Arturo Barrios è un uomo ritmo di quella fine degli anni ottanta che può essere considerato momento di transizione. Keniani e etiopi iniziano a dominare il mezzofondo, ma c’è ancora spazio per il cavallino di Altofonte Salvatore Antibo, per il ragazzo di Calabria  Francesco Panetta, per i portoghesi Dionisio e Domingos Castro. Proprio due anni prima gli italiani iniziano a conoscere il messicano nei 10000 m dei Mondiali di Roma, quando Panetta , negli ultimi giri, viene avvicinato pericolosamente da Barrios e( guarda un po’) dal tedesco est Hansjorg Kunze. Ma non ce la faranno a raggiungere “Frank”. Molto meglio il Barrios dei meeting. In quella domenica calda, che ricorda l’afa berlinese dello scrittore Walter Benjamin, sono due americani di lusso, Doug Padilla e Steve Plasencia , a accompagnare Arturo nel suo tentativo. C’è una ragione. Il runner “chicano” è un assiduo frequentatore del circuito Usa su strada, si è fatto molti amici e è apprezzato per l’impegno e la serietà. Seguito  nell’altura di Boulder, Colorado, dal tecnico polacco Tadeusz Kopka, studia Ingegneria all’Università del Texas e si è sempre trovato a suo agio negli States, stabilendo addirittura, nel 1986, la migliore prestazione dei dieci chilometri su strada con 27’41” a Phoenix (Arizona). Poi si è dedicato alla pista, scontando purtroppo la carenza (si fa per dire) di finale: così a Roma’87 viene sorpreso dalla fuga di Kipkoech e Panetta e in un finale convulso è quarto, superato da Kunze. Nei 5000 di Seoul’88 è solo quinto, assiste da lontano all’assolo del keniano John Ngugi.Ma a Berlino tutto è stato pianificato dall’ azteco dai modi pacati, che, aiutato dalle lepri americane, passa ai primi 5000 m in 13’32”5. Il solo Kipkemboi Kimeli, che aveva ingaggiato nel 1988 un duello adrenalinico a Seoul con Antibo e Boutayeb, tenta di stargli dietro. Ma ai 6000 (passaggio di 16’21”) Barrios è “un uomo solo al comando”. Cotinua a macinare giri con falcata distesa , elegante, con dei 400 m intermedi oscillanti fa 65 e 67 secondi. A circa cinque giri dalla fine il duello è solo, ormai, virtuale, con il portoghese Fernando Mamede (27’13”81 a Stoccolma nel 1984). Qualcuno inizia a pensare al primo uomo sotto il limite dei 27’00”00. Non arriverà, ma giunge “solo”il nuovo mondiale dopo un ultimo mille sul filo dei 2’30”: 27’08”23. L’atletica mondiale si congeda da una Berlino divisa dal muro con una prestazione che alza l’asticella verso limiti impensabili solo qualche anno prima.