Come si interpreta la corsa- l'Etiopia (terza puntata)

“Se sei il più forte puoi dichiarare guerra. Ma solo in questo caso”, scriveva un filosofo cinese. I mezzofondisti etiopici hanno sempre impostato ogni gara in maniera strategica, senza concedere nulla all’avversario. Si accodano dietro ai keniani di turno, forse più istintivi, se bisogna solo vincere. Altrimenti, via in testa a scandire il ritmo. E’ Belayneh Dinsamo, maratoneta sconosciuto ai più, a far parlare di sé il 18 aprile 1988 a Rotterdam (Olanda). Si rivela un metronomo umano con passaggi di questo genere (ogni cinque chilometri):

15’05”  ; 30’05”; 45’09”; 1h00’12”; 1h03’21”; 1h15’12”; 1h30’13”; 1h45’22”; 2h00’26”; 2h06’50”.

Dinsamo (nato nel 1965) è il primo uomo a scendere sotto il limite di 2h07’00”. In quella gara straordinaria Ahmed Salah di Gibuti chiude in 2h07’07”, uno dei “secondi” più veloci di tutti i tempi. Tutti e due fanno meglio del  mondiale di 2h07’11” ottenuto da Lopes a Rotterdam (scaramanzia!) nel 1985. Nella stessa gara l’altro etiope Wodajo Bulti (capace di 13’10” sui 5000 m) è terzo in 2h08’44”, che sarà per un bel po’ il miglior risultato mondiale per un esordiente. E’ l’inizio di una nuova generazione di fenomeni: il 16 ottobre dello stesso anno lo stacanovista Abebe Mekonnen vince la Maratona di Pechino in 2h07’35”.

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